venerdì 18 aprile 2008

Scoprirsi

Noi Italiani, diciamolo, abbiamo i polmoni e la bocca piena, per altro a ragione, di orgoglio e prosopopea dei vanti del suolo e del popolo natio.

Possiamo dire senza ombra di essere smentiti che discendiamo da un popolo che grande fra i grandi ha conosciuto (in tutti i sensi) e dominato praticamente su quanto era possibile dominare.
Tuttavia dopo tanta magnificenza, capacità di rendere proprio o di rielaborare patrimoni culturali altrui, capacità di assoggettare monti, valli, acque, fuoco, sapienza nel piegare il caos con arguzie, ragionamenti, drittura e audacia, tuttavia si diceva, anche per loro è venuto il momento in cui la storia (che fino a quel momento avevano guidato) ha cambiato regia.
Ma i loro eredi hanno creato i comuni, le prime università, per non parlare del Rinascimento, che forse con un po' di immodesta possiamo definire l'Arte.

Sicché, per noi che viviamo in Italia, oggi sembra banale tutto questo, passeggiare per piazze che sono state concepite da architetti mirabili, o adattate da geni assoluti, osservare decorazioni di una precisione e senso artistico micidiali, godere dell'armonia e del gusto dei nostri centri storici.

Per altri riuscire ad ottenere gusti simili a quelli cui non siamo (o dovremmo essere) avvezzi e che la storia distilla è frutto di faticosi anni di studio e applicazioni.

Inoltre questo 'spirito guerrier ch'entro CI rugge' si è palesato in altri modi, non solo nel dominare, gestire, apprendere e plasmare quanto i sensi offrivano, ma proprio nell'anelito di conoscere quanto invece ci era precluso. Non per niente eravamo un popolo di navigatori ecc...

Ora, con queste un po' grossolane e indulgenti premesse, paremi che molto di ciò che caratterizzava i nostri avi sia venuto meno. Il Marco Polo della situazione, punto di riferimento ed esempio di viaggiatori e amanti dell'incontro con altre civiltà, è diventato Palo fisso nella volontà di non allontanarsi da terreni battuti (fisici e non) per ridurli a comprensibili e dominabili.

Mi sembra che oramai il viaggio, soprattutto fisico, resti sempre più strumento di fuga o ristoro (per altro quest'ultimo certamente non biasimevole) e non scelta di apprendimento.

Il viaggio (o l'approfondimento) come categoria dell'Uomo si è perso; è diventato, invece, categoria della fruizione, del divertimento, manifestazione dell'immobilismo.
Ciò che arricchiva dentro, ora impoverisce non solo fuori.
L'anelito, la scintilla verso il di più inteso come meglio ora è diventato miseramente appetito verso il più nel senso di maggiore.

Talvolta i viaggi o i progetti delle persone sembrano avere l'unico scopo di far restare a casa la parte nobile dell'uomo.

Pertanto, un po' Cassandra, un po' Brancaleone, un po' Rustichello da Pisa spingo al meglio per incentivare, per invogliare, per spronare (anaforicamente e non metaforicamente) a mantenere caratteristiche che geneticamente ci appartengono, me e i miei lettori.

Quindi spero di aver mostrato (sicuramente in modo approssimativo ed indegno), come anche un viaggio attraverso un foglio bianco, uno schermo vibrante e vuoto, una sera silenziosa, ma ticchettante di pioggia, possano manifestare audacia, arguzia e ragionamenti, intesi come percorso nell'ignoto, scoperta autentica e appropriato ristoro.

Ad majora!


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