giovedì 12 novembre 2009

Parnassus l'Uomo Che Voleva Ingannare Il Diavolo - Recensione



Terry Gilliam ha una capacità immensa di ricreare visivamente un mondo "altro". Tanto che il mondo figlio della sua immaginazione prende piano piano corpo e sostanza fino quasi a diventare un figlio e a sfuggire di mano al suo creatore quasi il regista stesso fosse un novello Frankenstein e i suoi film una volta completati fossero creature autonome.

Allo stesso modo in questo film si giunge alla fine con un senso di straniamento non interamente conducibile alla creatività immaginifica del regista, ma direttamente imputabile alla storia. Come un padre cerca indirizzare il figlio verso una strada che reputa opportuna ma che si scontra con la volontà o cocciutaggine del figlio, così anche questo film ha il sapore di un bersaglio mancato. Ma ciò di per sè non è negativo.

Infatti la distanza dal bersaglio come si potrebbe intendere dalle premesse della narrazione, sebbene sia forse parzialmente riconducibile alla prematura morte di uno dei protagonisti, evento che ha costretto il regista a porre rimedio scritturando altre tre attori, sembra anche voluta.

Il film, riecheggiando Goethe e il suo faust, narra di Parnassus, un monaco che ricevette dal diavolo, chiamato Mr. Nick, l'immortalità. Tuttavia per vicende varie, l'anima di sua figlia al compimento del sedicesimo compleanno dovrà essere di propiretà di quest'ultmo.

Parnassus vive in una specie di carrozza trainata da cavalli molto pittoresca in stile gitano - corte dei mircoli e mette in scena un suo spettacolo con l'aiuto della figlia, di un nano e di un altro attore. Lo spettacolo un po' sgangherato ruota attorno ad uno specchio attraversato il quale si entra in un mondo dominato dalla fantasia e dall'immaginazione. Una notte la figlia di Parnassus salva Tony, un uomo impiccato sotto un ponte. Parnassus decide, tra gelosie e difficoltà di affidarsi a Tony nel tentativo di riconquistare al diavolo l'anima della figlia.

Lo specchio con una fessura longitudinale, quasi indicando il pittore Fontana, è la porta del mondo dell'immaginario. E' proprio l'apertura verso un'altra dimensione.
Tuttavia l'uomo ovunque vada, perfino in un mondo chenon esiste "normalmente" porta con sé l'inquitudine e l'anelito di salvezza, ma soprattutto percepisce sempre la necessità in primis pratica; ma anche morale ed etica di compiere delle scelte che volente o nolente lo condizioneranno per il futuro.

Forse proprio questa sensazione di sospensione, di tensione verso uno scopo ( tema proprio del primo incontro tra Parnassus e Mr. Nick ) è ciò che Terry Gillim voleva trasmettere; è il segno dell'artista che con i suoi artifizi facendoci credere di aver mancato il bersaglio raggiunge un bersaglio ancora più profondo, non raccontando semplicemente quanto esposto ma facendocelo provare per vie traverse.

In poche parole non mi aspettavo quanto credo (ribadisco credo) di aver capito del film, sicché non mi ha entusismato, ma provo ammirazione per le capacità che sempre emergono del regista.

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